Guarda, senti, aspetta, bevi, contempla. Sono le parole d’ordine di una delle cantine più rinomate per i vini macerati sulle bucce. Il racconto di Saša Radikon, il terzo capitolo di una storia ancora tutta da scrivere
Stanko Radikon lo diceva spesso, probabilmente facendo anche spallucce: “Non pretendo che i miei vini piacciano a tutti”. Alla sua scomparsa prematura, nel 2016, gli fa oggi eco il figlio Saša, terza generazione di una delle famiglie di quei produttori in Oslavia, a pochi chilometri da Gorizia, e ancora meno dal confine sloveno, tra i più importanti in Italia e nel mondo, specializzati in vini macerati sulle bucce. Qui, tra i vicini vigneti del Collio (se non si fosse capito, siamo in Friuli), si trova la cantina Radikon che condivide sinergie, passione e obiettivi con le altre sei facenti parte dell’APRO (Associazione Produttori Ribolla di Oslavia) ovvero Sosol, Fiegl, Prinčič, Gravner, La Castellada e Primosic. Ovvero i Magnifici Sette della Ribolla, tutti determinati e con lo sguardo dritto verso la DOCG Oslavia.
“Non siamo eroi, siamo solo un po’ pazzi!”, racconta Saša, un omaccione di 40 anni dalle idee molto chiare e dalla memoria lunga. “Come tutti nella zona, anche la nostra famiglia ha una tradizione contadina, il mio bisnonno aveva sì un vigneto ma a quei tempi era comune. Il resto della terra era coltivato a frutta e verdura, per garantire il cibo tutti i giorni. Anche mio nonno, dopo il campo di concentramento, ha provato più a sopravvivere che a costruire, infatti ai ristoranti vendeva solo vino sfuso”.
Quei mitici Anni Ottanta
È con Stanko Radikon che, negli Anni Ottanta, le cose cambiano marcia. Il vino si imbottiglia. “Mio padre ha costruito le basi dell’azienda così come è oggi, e io voglio continuare il rinnovamento. Però non voglio produrre l’ultimo vino fatto lui, ma farne uno che avrebbe prodotto lui se fosse ancora qui”. In supporto arrivano la sorella, con lui in campagna e in cantina, la moglie e la mamma per tutto il resto. All’inizio il vino viene affinato in acciaio. “Nel periodo di enotecnici ed enologi che facevano consulenza sulla massima pulizia del prodotto, mio padre ci cascò. Per fortuna era un po’ tirchio (ride, ndr) quindi comprava pochi prodotti e non ha rovinato la nostra terra”. È dalla sperimentazione e dalla curiosità di Stanko Radikon che nei “mitici anni 80” nasce questa mitica cantina. L’acciaio però non lo convince del tutto. “Mio padre ha, quindi, prima cercato il legno in stile francese, con le barrique, che lo hanno accompagnato fino ai primi anni Novanta. Poi è andato in profondità: voleva estrarre di più con le macerazioni e recuperare sia la tradizione del contatto con le bucce sia quella delle botti grandi”. I primi esperimenti con la macerazione risalgono quindi alla metà degli anni Novanta. In parallelo anche l’abbandono senza compromessi di prodotti sistemici in vigna e cantina. Poi una lunga evoluzione, nella visione e nelle competenze, per trovare anno dopo anno l’equilibrio perfetto tra maturazione dell’uva, “rigorosamente pochi grappoli per pianta”, i lieviti indigeni, l’assenza di solforosa e le lunghe, lunghissime macerazioni. Il resto è storia.
I vari formati
La vigna si trova a circa 200 metri di altezza: “Gorizia è in pianura, ma ha una conformazione molto particolare. Un saliscendi continuo: i versanti più in alto vanno bene per la Ribolla, quelli più in basso per il Tocai (pardon, Friulano..), Pinot Grigio, Sauvignon (negli anni 90 tutti piantavano quello)”. Non mancano il Merlot, sempre in alto, il Pignolo e il Pinot Nero, nei terrazzamenti più in basso. In totale circa 20 ettari vitati, per 70-90mila bottiglie annue da formati diversi: mezzo litro, un litro, 750 cl. “Mezzolitro nasce dal litro, il litro dall’idea che il vino invecchia meglio. Quella da 0,75 era poco per berla da solo”, scherza Saša, ma non troppo. Perché c’è di più dietro alla battuta: il sughero utilizzato è più piccolo. “Per la sua ridotta dimensione non era adatto alla classica bottiglia bordolese e così è stato utilizzato un formato con un collo più stretto, allungato e una capacità di 1 litro”. Non in ultimo, il rapporto di contatto tra sughero e vino, più elevato in questo formato. “Il mezzolitro, invece, è perfetto per un abbinamento a un ultimo piatto, quasi da assaggio”.
La ricchezza è nel terroir
Dopo la vista dall’alto della vigna e la spiegazione di quanto siano una terra vocata per i vini (dall’esposizione perfetta al microclima unico, dalla ventilazione al suolo, la Ponca, stratificazioni arenarie e marnose che riescono a trattenere l’umidità) la visita prosegue in cantina. Bellissima la parete scavata, appunto, nella Ponca, dove si notano le infiltrazioni di acqua, la friabilità della roccia, la stratificazione e la presenza di numerosi minerali. “La parete mantiene l’umidità della cantina e del legno, qui la temperatura oscilla, come giusto che sia, dai 18° fino ai 10-12°, mai sotto”, spiega Saša. Da qui parte il racconto sui vini, quello che spiega in parte la loro bontà. Non frutto di tentativi ma di conoscenza. “La vinificazione, la pigiatura e la diraspatura, avvengono al piano superiore, poi procediamo con la fermentazione nei tini, senza aggiunge nulla, né lieviti né solforosa né controllo della temperatura. Tre, quattro follature al giorno nella parte iniziale, poi a diminuire, per 125 giorni. All’inizio il lievito ha bisogno di ossigeno, che porta di fatto alle ossidazioni”. Ma sono le macerazioni controllate sulle bucce a rendere i vini di Radikon così speciali. Tre mesi per Jakot e Oslavje, per esempio. “Mi piace il contatto della buccia, fondamentale per estrarre altre caratteristiche aromatiche e per aiutare il vino a conservarsi da solo, nel tempo”. Poi, vabbè, non finisce qui. Perché molte tipologie escono solo dopo quattro anni di legno e tre di bottiglia. Aperte, anche dopo decenni, si rivelano eleganti, tra verticalità e muscolarità. La bocca, secca e potente, negli anni è sempre più integrata e regala al vino un equilibrio sorretto da sapidità e acidità, vero fil rouge tra le varie annate.
“Metti da parte”
“Mio padre diceva sempre: “quando hai venduto l’ultima bottiglia di un vino, la storia di quel vino è finita. Se vogliamo far storia, bisogna mettere da parte le bottiglie”. È così che nasce Archivio, il caveau di casa Radikon, una stanza di una manciata di metri quadrati ma ben organizzati: in custodia preziose bottiglie messe via dal padre degli Anni 80 e 90. “Dal ‘97 in poi c’è uno storico abbastanza importante: ne abbiamo una quarantina per ogni annata. Mettiamo via solo i litri, più adatti all’invecchiamento”. E pensare che il nonno di Saša, quando veniva gente in cantina, prendeva le bottiglie vecchie e diceva al figlio Stanko “tanto questa non la vendi più, te ne libero io”. “Si è bevuto una buona parte dei vini messi da parte gelosamente da mio padre!”, chiosa Saša un po’ a malincuore, ma con il sorriso sulle labbra. Ma se è vero che, come diceva Sant’Agostino “qualsiasi evento storico, per quanto nefasto possa essere (…) ha sempre un significato costruttivo”, Saša Radikon ha già “perdonato” il nonno, perché le bottiglie che troveranno spazio nell’Archivio del padre porteranno la sua firma. E sarà solo un altro capitolo della storia dei vini macerati più buoni del mondo.
DEGUSTAZIONE
Oslavje 2001
Chadonnay, Pinot Grigio, Sauvignon
Che meraviglia e che freschezza, nonostante l’età… Un blend di uve bianche macerate così originale e ricco di significati, che parla della terra da cui proviene, Oslavia. Un vino degli opposti, tra tensione e volume, freschezza e materia, eleganza e opulenza, mantenendo tutto il suo charme. Dal colore ramato, illuminato da tinte dorate, ha sentori che virano dalla frutta gialla fresca a una nota di miele per chiudere con fiori appena sbocciati. Un sorso pieno e corposo, al palato è intenso e strutturato.
Ribolla Gialla 3871 2008
Dalla selezione delle migliori uve di Ribolla dell’annata, fermentate spontaneamente e macerate per 3/4 mesi in tini troncoconici di rovere, nasce questo vino di incredibile ricchezza, spessore e lunghezza. Austero, materico, durante la beva, a tratti, ricorda tutta la sua opulenza. Poi torna in sordina chiedendo di farsi scoprire lentamente, con un finale lunghissimo che non stanca mai. Per berlo bisogna aspettare (esce solo dopo 10 anni in bottiglia) e sperare di trovarne qualcuna (solo 2.000 bottiglie).
Jakot 2017
Tocai Friulano
È il macerato tra i più originali della linea Blu, un ritratto del Collio tra i più anticonvenzionali. Potente, profondo, materico, dalla trama fitta e dal tannino vivace. Al naso note di frutta disidratata con ombre dolci di miele. Il sorso è di corpo, pieno, vivo ed emozionante, quasi un abbraccio accogliente e caloroso, dalla vibrante sapidità. Al tempo stesso permane un’idea di freschezza importante che accompagna quel sentore ossidativo coccolato da note di mandorla tostata e frutta tropicale.
Ribolla 2017
Al naso non si dichiara immediatamente, al primo impatto questo vino macerato è un po’ più schivo degli altri di casa Radikon. E questo non fa che aumentare il desiderio di scoprirlo. E, infatti, poco dopo si schiude regalando note di arancia amara, erbe officinali e cipria. Un sorso che, pur riempendo la bocca con il suo volume, è slanciato e guizzante in virtù della sua immancabile sapidità. Ricco, potente, severo. Iconico. Ribolla.
RS 2020
Merlot e Pignolo
È il blend a bacca rossa pensato da Saša Radikon. Rubino, con riflessi color granata, al naso porta il frutto selvatico nero del Merlot, tra prugne mature e frutti rossi, accompagnato dalla spezia del Pignolo, tra cardamomo e cenni di nocino. Il sorso è succoso, vitale, consistente e ricco, muovendosi in bocca suadentemente, in una danza di morbidezza e tannino, terminando con un ritorno di beva incredibile. Un vino di carattere e volontà, che vibra senza urticare, che ammalia senza tramortire.
Sivit 2020
Pinot Grigio
Da viti di circa 30 anni di età, cresciuti su terreni ricchi di Ponka (tipo di argilla che negli stati più profondi ha la compattezza di una roccia, ma che si sfalda non appena arriva a contatto con qualche agente di corrosione) questo vino nasce da una fermentazione sulle bucce di circa due settimane, cui seguono quasi due anni tra legno grande e vetro. Da qui il suo colore rosa-arancio unico che annuncia note di pompelmo, pepe, anice e albicocca candita. In bocca è un’esplosione di croccantezza e matericità, con una grassezza ben sorretta da seta tannica e acidità balsamica.