L’Y non è un “second vin”, ma un “autre vin”, un’altra espressione di Château d’Yquem e del suo terroir
Di antica, anzi arcaica origine (proviene dalla lingua fenicia), la lettera Y, la venticinquesima dell’alfabeto (e la sesta vocale di quello francese), è un simbolo trasversale: in biologia rappresenta uno dei due cromosomi sessuali; in matematica un’incognita, una variabile o una coordinata; in fisica una famiglia di mesoni composti da due quark antitetici; in elettrotecnica il collegamento a stella di tre avvolgimenti.
È nel segno della singolarità e della complementarietà che nel 1959 nasce l’Y (Ygrec o “i-grek” secondo la pronuncia francese), un Bordeaux bianco, dunque un vino secco, nella terra del Sauternais, anzi dell’unico Sauternes Premier Cru Supérieur, il leggendario Château d’Yquem, il più famoso vino botritizzato del mondo.
“Per noi è una specie di esercizio filosofico, esprimere la proprietà in un modo diverso, parallelo, fare un altro vino partendo dallo stesso spartito ma con un altro strumento: selezionare dalle stesse parcelle dell’Yquem e secondo gli stessi principi produttivi (rese basse, esposizione ottimale, variabilità pedologica) le uve prima dell’arrivo della botrite o subito all’inizio della sua formazione, per associare la natura agreste del Sauvignon con l’intelletto del Sémillon, raccolto in differenti tri. Nasce così un vino che ha la freschezza del Bordeaux Blanc con dietro giusto un’ombra di Sauternes: sette grammi di zucchero che non portano dolcezza ma presenza e voluttuosità in bocca per qualcosa di sottile e ricercato nell’espressione stilistica” mi racconta Lorenzo Pasquini, trentaquattrenne romano che nell’ottobre del 2020 è subentrato a Francis Mayeur alla direzione di Château d’Yquem. Dopo la laurea in Scienze Agrarie presso l’Università di Pisa, Lorenzo ha proseguito gli studi di enologia a Bordeaux, ha fatto esperienza a Château Palmer, si è trasferito in Argentina per guidare Cheval des Andes, definendo la joint-venture stilistica tra l’identità locale e lo spirito di Cheval Blanc, ed è diventato régisseur général delle tenute di Albada Jelgersma (Château Giscours, Château du Tertre, Caiarossa) prima che arrivasse la proposta di Pierre Lurton, dal 1998 presidente di Cheval Blanc e dal 2004 ceo di Château d’Yquem, che aveva avuto modo di conoscere Lorenzo proprio a Cheval des Andes, apprezzandone le qualità: passione, preparazione e savoir-faire.
L’Y, dal 2004, viene prodotto ogni anno e il suo profilo più tradizionale è andato progressivamente incontro a una metamorfosi: dall’essere un Sauternes secco a diventare un bianco secco con un tocco di Sauternes. “Le uve arrivano dalle parcelle migliori della tenuta, che crescono tra argille, sabbie e ciottoli, a differenti stadi di maturità, partendo dalla freschezza del Sauvignon per arrivare a un Sémillon all’inizio del suo processo di botritizzazione, quando gli acini cominciano a diventare rosa. Pressatura a grappolo intero, fermentazione in tino, dodici mesi di élevage sulle fecce in barrique, nuove solo per il 20%, lie totale senza travaso, assemblaggio delle diverse partite”.
Uscito ai primi di settembre sul mercato, l’Y 2021, composto dal 65% di Sauvignon e dal 35% di Sémillon, ha colore paglierino leggero, terso, delineato, un naso incalzante che profuma di pesca bianca, biancospino, foglia di limone e di pomodoro, fiore di mandorlo e di pesco: una primavera che fiorisce e che s’innalza. Il palato è luminoso: succoso, pieno, tonico, incisivo, giocato al contempo sulla polpa e sul contrasto, sullo spessore e sulla sottrazione, con limpide volute di sapore e allungo.
“Per noi l’Y deve esprimere le stesse caratteristiche dell’Yquem: essere buono subito, durare nel tempo e accompagnare piatti di alta gastronomia. Il 2021, segnato dalla gelata di aprile che qui da noi per fortuna non ha fatto danni, proviene da un’annata fresca, nuvolosa, secca: temperature basse con poche piogge che hanno dato uve mature quanto fresche e acide. La vendemmia è iniziata il 29 agosto ed è finita il 7 settembre, con un contributo di uva botritizzata del 23 settembre”.
L’Y 2017 (75% Sauvignon, 25% Sémillon) ha colore paglierino leggero e luminoso con corredo di fiori bianchi (tra cui spicca la rosa), glicini, agrumi (pompelmo rosa), pesca, erbe aromatiche per un profilo paradossalmente ancora sotto riduzione. Il sorso è succoso-pescoso, floreale e muschiato, aromatico e sopraffino, incisivo e minerale, con calore e freschezza perfettamente compenetrati, e un finale invitante che sprigiona fiori di sambuco, glicine e agrume.
“Qui l’espressione del Sauvignon è più marcata. Ha un record di precocità seconda solo a quella del 2022 e del 2020: lo abbiamo vendemmiato il 16 agosto contro, rispettivamente, il 9 e il 13 agosto delle altre due annate. Il Sémillon è stato invece raccolto il 25 agosto. Il 2017 è stata un’annata segnata dal gelo, fatto che le ha conferito un’immagine problematica ma per noi con poco impatto sulla produzione. Piogge rade e temperature elevate. Stiamo sempre più attenti a raccogliere il Sauvignon per conservarne la freschezza, anche in modo precoce se necessario”.
L’Y 2009 (70% Sauvignon e 30% Sémillon come le annate che seguono) mostra un colore più intenso, un naso più caldo (aria di grano, di alcoli, quasi di esteri), un palato di maturità e pienezza, dove si mescolano sensazioni di nocciola, di mandorla sbucciata, di fieno, di resine, di elementi più ossidativi ancorché – ed è fatto che stupisce – croccanti, con sviluppo potente e rotondo, pareti di glicerina, allungo di nocciola tostata e accenno di frutta secca. Non è più il vino d’inizio millennio, non è ancora il bianco del nuovo corso.
“Si vendemmiava ancora in parallelo con il Sauternes, dal 7 al 10 settembre la prima uva e il 27 settembre quella più botritizzata, mentre oggi si comincia prima. L’annata 2009 è stata moderatamente calda e secca, con diversi periodi stagionali di basse temperature notturne che hanno preservato acidità e aromaticità”.
L’Y 2005 ha veste cromatica intensa dal colore paglierino carico con riflessi beige. L’olfatto sprigiona sentori di scorza di cedro e lime, input di camomilla, carezze provenzali, lusinghe di citronella e foglia di tè: è originale, sensuale, avvolgente, accattivante. La bocca è morbido-succosa quanto tenace-sapida, con allungo aromatico di agrume in scorza (bergamotto, ancora il lime). “È stato vendemmiato tra il 31 agosto e il 20 settembre. Il 2009 e il 2005 rappresentano una fase di transizione”.
Raccolto tra il 12 e il 13 (Sauvignon) e il 14 settembre (Sémillon) con una coda tardiva per quest’ultimo datata 5 ottobre, tra il primo e il secondo tri dell’Yquem, il 2000 è la sintesi dell’Ygrec del millennio precedente. Ha colore dorato intenso, note fascinose e ossidative di composta di frutta (mela cotogna, pera), di pasta di mandorle, di brioche. L’attacco gustativo è più morbido, più dolce, di una dolcezza laterale, invitante, lo sviluppo contiene chiaroscuri, il sorso magnifica la pienezza dell’uva, lo stile “sauternese” si mantiene sulla corda tesa del dolce/non dolce.
È una domenica di fine agosto dal meteo atlantico, mutevole: nuvole transitorie che coprono l’azzurro del cielo e scaricano pioggia, i raggi del sole che aprono saltuariamente dei pertugi di luce. La vendemmia dell’Y, già cominciata, è in pausa. C’è un silenzio quasi immobile intorno, è come essere in una bolla. Dalle finestre della sala degustazione si scorgono coppie e famiglie in visita al castello: a differenza di altre rinomate tenute del Bordolese, Château d’Yquem lascia i cancelli aperti durante l’orario di visita per permettere ai curiosi, agli appassionati, a chiunque, senza appuntamento, di passeggiare indisturbato, ancorché sorvegliato dai sistemi di sicurezza, tra le mura del mito. Le torri del castello, i giardini, i cortili, la vigna che si estende in ogni dove, l’orizzonte che sembra allungarsi verso l’infinito: tutto qui ha qualcosa d’ipnotico, qualcosa che rapisce mente e cuore.