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Controcorrente

Sono andato a vedere The Palace, il vituperato ultimo film di Roman Polanski. È una sarabanda kitsch popolata da un’umanità grottesca, devastata dalla stupidità e dalla chirurgia plastica. La interpretano attori in disfacimento fisico (l’ex sex symbol Mickey Rourke con parrucchino biondo e modi cafonal), in ruoli parodistici (l’ex Monty Python John Cleese nel ruolo di un vecchio, gonfio ed ebete miliardario che s’imbottisce di viagra per fare sesso con la moglie, una ragazza giunonica; una svampita Fanny Ardant ossessionata dalle deiezioni del suo cagnetto che è l’antitesi del cameo nella Grande bellezza) o caricaturali (Luca Barbareschi attore porno sul viale del tramonto dal faccione abbronzatissimo, l’unico ammicco, checché se ne dica, al cinepanettone nostrano). Tutti hanno poi gridato allo scandalo per il cerotto che Barbareschi porta sul naso, autocitazione da Chinatown – orrore! –, senza pensare che in questo epitaffio acido e sguaiato il novantenne Polanski non ha risparmiato nemmeno sé stesso come in un pubblico autodafé.

La critica si è scagliata senza pietà contro il film come il chirurgo sul volto di Sidney Rome: la radiosa ragazzina che proprio Polanski aveva lanciato nel 1972 con il surreale Che? è diventata – non solo per le conseguenze dell’incidente automobilistico di una quindicina d’anni fa – la reincarnazione di un freak (l’hanno ribattezzata la “sorella di Joker”). Il bisturi è il male estetico del nostro tempo e il botox un oppiaceo esistenziale che non si nega a nessuno: ricordate Massimo Popolizio nella Grande bellezza?

Tutti vogliono farsi un remake del proprio viso, pensando di cancellare i segni del tempo (le famigerate rughe con cui tutti dovremmo convivere), ma con il risultato di deturparlo per sempre. In Viale del tramonto Gloria Swanson, ex diva del muto, metteva in scena sé stessa all’età di cinquant’anni, oggi le attrici mettono in scena la propria caricatura. Ci sono casi eclatanti (quello di Meg Ryan, la “fidanzatina d’America”, ha fatto epoca), ma è un vizio diffuso, una tendenza, una griffe: in The Palace alcune donne si ritrovano in compagnia del loro chirurgo plastico, mostrando sul volto i segni di uno stile.

Di recente ho visto Isabelle Adjani, che era una delle più belle attrici del sistema solare, mostrare in Masquerade una faccia immobile, reificata, tanto che sulle prime stentavo persino a riconoscerla, e Laura Morante in A casa tutti bene portare invece i suoi 66 anni (ne ha solo uno in meno dell’Adjani) con un fascino, un portamento, una luce del tempo che le conferivano charme. Non è solo una questione d’età, ma di gusto e di coscienza. E che dire di Nicole Kidman? Era una regina, è diventata un volto di plastica. Vederla rifatta sullo schermo, grande o piccolo che sia (come di recente mi è accaduto con Operazione speciale: Lioness) è un’esperienza mortificante che confligge con il senso del bello e dell’armonia che la stessa Kidman rappresentava.

La manipolazione delle immagini (dai filtri sul cellulare al deepfake) è una delle perversioni dell’epoca social, ma applicare una maschera al proprio volto è imperdonabile.